La scrittura che fonda il personaggio

Di Attilio Fortini

Le parole si agitano, attendono, ma solo fino a quando riescono a trovare ciò che devono dire. E’ l’istante del peso, il peso delle parole. E’ l’istante pressante in cui le parole creano, ad esempio dei personaggi.

Le parole volano nell’aria prima di creare qualche cosa. Così quest’ultimo “qualche” è fluttuante nell’acqua prima d’incontrare quelle parole che gli daranno la terra.

Le parole sono tantissime, i dizionari lo sanno bene.

Ci sono delle parole poetiche, che dicono di personaggi romantici, ma anche delle parole scientifiche, che creano delle oggettività, e anche altre legali, per persone giuridiche, e in qualche caso giustamente “giudiziarie”.

In definitiva: ci sono tantissime parole, ma anche moltissimi personaggi!

Ed è per questo che gli uomini non hanno alcuna possibilità di sfuggire alle parole, e tanto meno a quelle loro creature: i personaggi.

Ma gli uomini non hanno nemmeno voglia di sfuggirvi, al contrario! Loro amano le parole, moltissimo, e tanto anche le loro creazioni.

Gli uomini si riconoscono tra loro perché parlano, perché le parole gli permettono di non sentirsi delle bestie: la dignità umana!

E’ un amore questo, questo per le parole, che illumina bene il fatto del perché nel mondo un uomo è praticamente nulla senza il suo personaggio. E allora…? e allora bisogna avere il proprio personaggio, bisogna avere il proprio ruolo!

Come l’attore che si guadagna da vivere facendo finta d’essere un altro, così tutti coloro che vogliono essere qualcuno, devono conquistarsi una parte.

Nel mondo si può essere attori, l’abbiamo già detto, ma anche operai, imprenditori, uomini di scienza, tecnici, pittori, scrittori, preti, giudici… ma in ogni caso qualcosa si deve essere per forza! Una persona che non accetta ciò può benissimo divenire un barbone. E’ una possibilità, è chiaro! Ma ciò non toglie che anche in questo caso questi rimanga soggetto a un ruolo. Difatti egli non potrà avere una casa, ne essere ricco, come neppure troppo pulito cambiandosi d’abito tutti i giorni, altrimenti qualcuno potrebbe sospettare del fatto che questi sia veramente un barbone.

Ogni ruolo ha le sue regole da rispettare, la sua grammatica.

Così se un sindaco non potrà mai fare quello che fa un medico, e questi non potrà mai fare ciò che fa un prete, in certi casi, estremi senza dubbio, potremo avere un sindaco prete e medico. Perché no?

E’ chiaro che i ruoli cambiano, e che qualcuno non potrà mai essere solo e sempre un “qualcuno” per tutta la sua vita. Come l’attore così anche il “personaggio sociale” deve interpretare i suoi ruoli: cittadino/a, marito/moglie, celibe/nubile, cliente, paziente, cattolico/a, mussulmano/a, padrone/a, capitalista, padre/madre, figlio/a… Ma in tutti i casi se si vorrà avere un certo grado di soddisfazione dalla propria vita, si dovrà interpretare, non in un modo qualsiasi, ma in quello migliore i propri personaggi.

Pertanto va da sé che miglior modo di allenarsi alla vita è quello d’intraprendere un corso di studi presso l’accademia teatrale. Ed è ciò che in effetti le nuove generazioni hanno ben compreso. Perché non è così?

Bene, attendiamo allora, attendiamo le nostre parole, le parole migliori per ben interpretare il nostro ruolo! In fondo non è difficile, basta solo non avere fretta. Bisogna solo lasciare il tempo che le parole arrivino, assieme al loro personaggio, oh! pardon: ai loro personaggi! Ma in ogni caso quello che più importa è di non accettare mai che il copione sia scritto da qualcun altro. Questo mai! in nessun caso, perché sta solo a noi pensarlo, e con i sogni migliori.